Quello etneo è uno dei territori che negli ultimi anni è riuscito a imporsi nel mercato nazionale e internazionale come vera e propria novità. Una ventata di freschezza che, per tipicità e particolarità, ha innescato un effetto dominio inarrestabile. Dati alla mano, sono 4 milioni le bottiglie prodotte nel 2020 (con un calo dell’8% dell’Etna rosso rispetto all’anno precedente) che vedono proprio con il rosso a rappresentare la percentuale di vini maggiormente prodotta (16.000 ettolitri) cui seguono i bianchi (9.000 ettolitri) e ancora i rosati (2.500 ettolitri) e spumanti (1.400 ettolitri).
Un grandissimo territorio vitivinicolo che, sin dai suo esordio (avvenuto nei primi anni 2000), ha creato curiosità. Attorno al vulcano e dalla sua bocca di 45 km, si sviluppano terrazze di vigneti, per la maggior parte ad alberello che proiettano nelle uve e nei vini le matrici del suolo. Qui non si parla di cru ma di contrade, ne contiamo 133 (quasi come le chiese di Catania, 134) e sono inserite e riconosciute dal disciplinare di produzione dal 2011. E se tra il 1880 ed il 1885 erano 90mila gli ettari piantati, oggi sono 118 (l’1% della superficie regionale) che diventeranno 183 a partire dalla vendemmia 2020. Le attuali 140 cantine sviluppano la propria attività in vari versanti a nord, est e sud che, mappa alla mano, vanno a formare una “c” rovesciata. Tutto intorno c’è il mare e una grande luce. Ma ci sono anche molte precipitazioni, la neve, i venti e i diversi climi con le influenze marine hanno contribuito nel tempo alla comprensione dei suoli e delle loro potenzialità.
La terra etnea è un territorio di sentimenti, sensibile. Si raggiungono i 1000 e 1300 metri s.l.m. e nei diversi versanti le uve hanno una loro specifica collocazione che ben manifesta tutte le variabili climatiche. A nord troviamo la maggior parte delle contrade dedicate alla produzione di vini rossi, il versante est è dedicato ai bianchi mentre e sud e sud ovest ancora rossi e rosati a base principalmente di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Carricante.
Ci sono basalto, sabbie, ceneri, il suolo è estremamente fertile. E poi potassio, magnesio. Suoli che “si muovono” e da un’estremità all’altra della denominazione troviamo escursioni anche di 30° nell’arco di una giornata.
L’Etna Doc è una denominazione storica nata nel 1968, tra le prime nate in Italia. Una zona viticola che molto spesso è stata paragonata alla Borgogna per la finezza dei vini e per la loro lettura del terroir. Ma sono molte di più le differenze e le caratteristiche che rendono unici e riconoscibili i vini dell’Etna. C’è in tutti l’immagine del suolo, il goût du terroir, che si affianca alle stilistiche dei produttori che restituiscono così molte sfumature e potenzialità, percepibili anche nelle diverse scelte dei periodi di affinamento e percentuali di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio presenti nelle parcelle da sempre e protagonisti negli uvaggi dei vini. Non è ancora del tutto chiaro e mappato l’areale, ad oggi non si riesce ancora a quantificare le vigne prefillossera presenti rispetto a quelle recentemente reimpiantate o a definire quanti e quali siano le famiglie di Nerello presenti, una ricchezza che senza dubbio alimenta la complessità e la biodiversità dell’isola. Lo studio delle piante è una delle attività in pectore del Consorzio che si mostra proattivo e alla guida di una flotta di produttori entusiasti del loro mondo. L’alberello resta la forma di allevamento più estesa e la più adatta: il vento, sempre costante, abbraccia le piante e lo stesso vale per i raggi del sole che le scaldano a 360°. Un altro importante vantaggio è poi la vicinanza dei grappoli al terreno, che possono così maturare più rapidamente e godere al contempo dell’umidità ivi presente. Vigneti, quelli dell’Etna, tra i più vecchi d’Europa, che si sono sviluppati con le colate di lava avvenute nel 1646, nel 1879, nel 1911 e nell’ultima, non distante da Randazzo, nel 1981. Si passa da formazioni del 122 a.C fino a quelle di 15.000 e 40.000 anni fa. Il basalto si rompe, si sfalda e diventa sabbia, tufo. Dopo ogni colata, e scioglimento dei materiali, sono sorte aziende.
Per restituire un’immagine dell’Etna così variegata ma sempre fedele a se stessa, il Consorzio ha voluto mettersi in gioco e proporre alla critica una degustazione di sei vini rossi alla cieca. L’obiettivo? Cercare e riconoscere le peculiarità dei versanti dell’Etna nei bicchieri.
Cosa aspettarsi nei vini? Da quelli del versante nord, grandi strutture e acidità. A Randazzo e Castiglione di Sicilia troviamo rispettivamente 46 e 25 contrade, mentre Passopisciaro è tra i poli produttivi più noti. I suoli sono ricchi di minerali, di sabbie, basalto rocce. Ad est troviamo come epicentro produttivo la zona di Milo, vento e pioggia lo rendono luogo d’elezione per rosati e bianchi, il Carricante viene racconto anche a 900 meri s.l.m., i suoli sono figli delle colate più antiche, e con una grandissima capacità drenante si caratterizzano per la presenza di rame e ferro. Infine, a sud-ovest spicca Biancavilla, con altitudini importanti e grandi escursioni termiche e con il paesaggio che si arricchisce di altri tre vulcani spenti. Argille e sabbie conferiscono eleganza, acidità e sapidità ai vini. Le pendenze delle terrazze arrivano anche al 40-45%, e le precipitazioni anche qui, sono importanti durante il corso dell’anno.
Dagli assaggi è difficile parlare di contrade ma si possono immaginare i versanti, i campioni 1e 3 sono molto freschi e anticipano la loro origine: versante sud. Freschi ma con più struttura il 2 e il 5 che nascono a nord, tra Santo Spirito e Passopisciaro. Con i campioni 4 e 6 troniamo a sud, con il quarto troviamo sorso più ricco, generoso e carnoso mentre con il sesto ci si interfaccia con un’agilità e rotondità piacevole.
CAMPIONE 1
SANTA MARIA LA NAVE 2018
88/100
Brillante, con aromi di piccoli frutti rossi, cassis, ribes, melagrana e nuvole di incenso. Grande volume, precisione, note rinfrescanti ed eleganti tra rosa e spezie. Sorso croccante e di bella dinamicità.
CAMPIONE 2
COTTANERA 2018
90/100
Di un colore più intenso, il naso è avvolto da sensazioni floreali e delicate, di grande sapidità e acidità, accelera al sorso che chiude su toni di agrumi rossi.
CAMPIONE 3
CISTERNA FUORI CIRO BIONDI 2018
92/100
Spiccano le note di bergamotto, eucalipto, erbe officinali. Il sorso è tra i più sottili e di bella eleganza. Tratteggi di cenere e di affumicato riaffiorano assieme alla polpa. Tannino in equilibrio con la grande acidità e i ritorni agrumati. Tensione nel finale.
CAMPIONE 4
CANTINE DI NESSUNO TRECASTAGNI 2017
90/100
C’è un colore decisamente più scuro rispetto agli altri vini della batteria, grande balsamicità, note di cacao, tè nero. Il sorso appare fin quasi piccante, i tannini sono serrati. La polpa è densa, tra spezie e sensazioni di goudron. La materia chiude con spezie e salinità.
CAMPIONE 5
IRENE BADALÀ PASSOPISCIARO 2018
89/100
La parola chiave è succosità; note di liquirizia, canfora, mandarino e spezie. Torna con una parte citrina, i tannini puntellano la beva rendendola verticale. Grande bevibilità.
CAMPIONE 6
TENUTA PAPALE LYSIOS 2018
93/100
Come nel 4 c’è un colore già intenso, ma troviamo un tocco di esosità: tè alla pesca, ananas. Il sorso è generoso, dolce con pepe bianco e toni più dolci di amarena e caramello. Tra il dolce e lo speziato ecco arrivare un aroma di arancia rossa nel finale.