Sembra un sorriso sornione e invece no: lo capisci subito che è quella malinconia che si affianca alla soddisfazione. Versa il vino bianco, un carricante in purezza che racconta la passione e la cocciutaggine di un imprenditore che non si arrende. Seby Costanzo è fatto così: la sua azienda si chiama “Cantine di nessuno” che poi quel nessuno è l’esatto contrario di quel che vuole significare perché in verità, almeno a vedere la frequenza del suo banchetto alla manifestazione Contrade dell’Etna, è la Cantina di tutti. Di tutti coloro che amano il vino. E i cenacoli.
Perché in verità quel luogo (o un altro, scegliete voi) potrebbe benissimo essere un cenacolo per filosofi che stanno sì a discutere di carricante e nerello mascalese, ma che indubbiamente possono avviare una discussione sull’esistenza, su questo strano nome nichilista che Seby ha voluto dare alla sua cantina che è invece l’esatto contrario. Una storia da raccontare che ne contiene tante altre: i vini che si chiamano Nuddu (che poi in siciliano significa che sei ancora meno di nessuno) o Nenti (ancora una volta quella sintassi sicula che definisce l’assoluta mancanza) e che invece hanno il tutto dentro con la forza di essere vini dell’Etna, madre e matrigna, paradigma di questo strano bollore siciliano in questa parte di terra levantina che è la provincia di Catania. Seby è così: un po’ creativo e un po’ filosofo, uomo dalle grandi riflessioni trascritte in un libro, sognatore e visionario. I suoi vini sono l’esatto riflesso di questo carattere. Sono 30mila l’anno, in media, le bottiglie di vino di grandissima qualità che escono dalle Cantine di nessuno. Possono sembrare poca cosa ma non lo sono da queste parti. L’Etna, come molti sanno, è una sfida.
Lo sa Fabio Costantino che qualche anno fa ha scelto di dedicarsi all’azienda vitivinicola “rubando” tempo all’altra sua attività, quella di imprenditore dell’edilizia. L’azienda si chiama Terra Costantino, appunto, ed è oggi il frutto della lunga storia di cultura agricola e amore per la terra della famiglia, “che oltre quarant’anni fa ha incontrato un’altrettanto antica e affascinante storia di terroir: quando Dino Costantino recuperò la vigna di contrada Blandano a Viagrande dove oggi sorge la nostra cantina, scoprì che l’eccezionale qualità dei vini – dice – che spontaneamente venivano fuori da quei 10 ettari in altitudine, affacciati sul Mediterraneo, aveva alle spalle una tradizione che si rinnovava da secoli, attorno a un palmento del 1699”. Basterebbe questo per questa azienda che, grazie alla preziosa collaborazione con Luca D’Attoma, professionista tra i più stimati del settore, produce ogni anno 54 mila bottiglie di vino.
Due storie, due diversi approcci un unico comun denominatore: l’Etna. Due storie tra le 90 che hanno partecipato al Picciolo Etna Golf Resort di Castiglione di Sicilia a questa edizione di Contrade dell’Etna, la prima edizione della manifestazione orfana del fondatore Andrea Franchetti, il produttore visionario morto lo scorso dicembre a 72 anni. La famiglia Franchetti e la Crew di Massimo Nicotra e Raffaella Schirò che ha organizzato l’evento, hanno lanciato una borsa di studio. Sottoscritto un accordo di collaborazione con l’Università di Catania e in particolare con il corso di laurea in Scienze e tecnologie alimentari, presieduti da Biagio Fallico: la borsa di studio premierà progetti di ricerca in ambito universitario destinati al territorio ed in particolare al mondo produttivo del vino dell’Etna.
Contrade dell’Etna è stata anche l’occasione per fare il punto sull’andamento del mercato del vino. Che è ripartito e la produzione ha superato i valori raggiunti prima della pandemia.
“La produzione dell’ultima vendemmia – ha detto Francesco Cambria, presidente del Consorzio Doc Etna – ha raggiunto i 34 mila ettolitri, superando i 32 mila ettolitri del 2019. Questo vuol dire che si torna a un imbottigliamento regolare: in crescita soprattutto i bianchi, oltre al Nerello Mascaleso, il vitigno che ci ha resi famosi in tutto il mondo”.
Fra i progetti del Consorzio c’è anche la mappatura delle contrade presenti sul vulcano per i quali sono già stati raccolti i dati e che saranno adesso elaborati.
Alla presentazione di Contrade dell’Etna, 90 aziende partecipanti e oltre 70 giornalisti accreditati, è intervenuto anche Attilio Scienza, docente universitario, tra i maggiori esperti al mondo di vitivinicoltura, che ha tenuto una conferenza dal titolo: “L’Etna, il vino: un grande mosaico”. “L’Etna ha avuto il vantaggio di avere avuto una delle prime zonazioni viticole della Sicilia ma bisogna imparare ad utilizzare questa grande ricchezza del suolo. E accanto a produzioni di alta qualità – dice Scienza – serve la capacità dei produttori di saper raccontare i propri vini. Bisogna costruire un modello narrativo che possa attirare la curiosità del consumatore”.
Il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci ha illustrato il piano della Regione per i vigneti che si trovano in determinati contesti paesaggistici, Etna compreso. “Il mio Governo – ha detto Musumeci – ha previsto fra i titoli delle aziende partecipanti anche quelle che hanno al loro interno dei palmenti o si trovano in contesti paesaggistici. Proprio perché abbinare il vino ad un contesto di architettura rurale, diventa un binomio di identità perfetta”.
Il governatore ha anche ricordato Andrea Franchetti, il “padre” di Contrade: “Manca Franchetti, l’ideatore di questa straordinaria iniziativa che ha superato la prova del 9. Un intuito e una lungimiranza che hanno consentito all’Etna di sfornare oggi 4,5 milioni di bottiglie con 383 aziende, un terzo delle quali imbottiglia. Sul vulcano abbiamo 1.118 ettari di vigneti comportando anche una valorizzazione immobiliare straordinaria, i prezzi dei terreni si sono moltiplicati. Questo dimostra che il vino non è soltanto un prodotto di qualità ma anche un elemento di traino per la valorizzazione di un territorio.