CANTINE DI NESSUNO - ETNA
Da designer a vignaiolo eroico: la doppia vita di Seby Costanzo
Nelle sue tante vite Seby Costanzo è stato architetto di interni, imprenditore di terza generazione, amante dell’arte e della scrittura e adesso vignaiolo eroico. E sì, perché quando produci vino sull’Etna già un po’ eroico lo sei, ma se poi le vigne affondano le radici su alcuni conetti vulcani spenti, allora hai una marcia in più ed è la sfida delle sfide. Da questo territorio nasce un sogno: produrre un vino in una zona dove il mare e la montagna si baciano.
Il luogo
Versante sud-est del vulcano, nel comune di Trecastagni, tra i 700 metri di altitudine di Monte Gorna, gli 800 di Carpene e i 900 metri di Monte Ilice, tre contrade adiacenti, ma diverse tra loro per caratteristiche, esposizione e vocazione produttiva. Poi nel versante Est a Milo, in contrada Volpare, a 650 metri sul livello del mare. In totale 14 ettari dedicati ai vitigni autoctoni etnei: Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, qualcosa di Carricante e Catarratto. Le vigne oltrepassano i cento anni di vita in condizioni di «viticoltura eroica», da cui si estrae il risultato di quelle diversità che fanno dell’Etna un territorio unico. «Le cose si fanno bene o non si fanno — racconta con il sorriso sulle labbra Costanzo —. L’Etna è vivo, una montagna unica capace di regalare emozioni uniche, io lo faccio con il vino ma questo è un territorio meraviglioso».
Cos’è la viticoltura eroica
Da queste parti si chiama viticoltura eroica, perché a differenza di altri territori, le condizioni di coltivazione sono estreme. Le viti di alberello etneo, molte delle quali centenarie, sono coltivate in condizioni proibitive per altri ma non per chi sul vulcano ha scommesso. I terreni hanno una pendenza di oltre il 60% dando l’obbligo agli operatori di eseguire ogni lavorazione a mano. Nessun macchinario, nessun agevolazione meccanica ma solo braccia e zappa per sistemare il terreno. Il particolare vigneto di Monte Ilice, uno dei più suggestivi dell’Etna, è un autentico esempio di viticoltura eroica. Monte Ilice e Carpene sono vigneti sul dorso di un conetto vulcanico tutto in pendenza e senza muretti. «È difficile per noi — prosegue — perché il sistema di coltivazione ha bassissime rese e altissimi costi di produzione, ma rende i vini speciali perché sono frutto della grande biodiversità del terreno. Ne vale in ogni caso la pena».
Il nome di Nessuno
Cantine di Nessuno, azienda delle famiglie Costanzo e Brancatelli inganna fin dall’inizio con un nome che ha un triplice spunto. Il primo è il più celeberrimo ed è legato al mito greco e all’Odissea. «Il mio nome è Nessuno», così rispose Ulisse a Polifemo ferito. Il secondo spunto nasce dal sentire dell’uomo. La terra abitata e coltivata non appartiene a nessuno: «È di tutti ma quindi di nessuno», afferma. Il terzo è evocativo del nome della prima etichetta “Nuddu”, che significa “nessuno” in dialetto siciliano. «Siamo niente e nessuno, siamo di passaggio su questa terra e abbiamo l’obbligo di lasciare una traccia per le future generazioni. Essere rarità quando tutto si fabbrica in serie è di per sé già un prodigio – racconta il produttore Seby Costanzo -. Questo è per noi essere fuori dall’ordinario, in questa terra magnetica che la natura ci ha donato. Ecco perché abbiamo un testimone da lasciare a chi viene dopo di noi».
Il progetto
Un progetto futuro aziendale prevede l’inserimento di una monorotaia per consentire anche ai visitatori di godere dello splendido panorama in vetta al Monte Ilice, di fronte al mare e con l’Etna alle spalle. L’dea vuole essere un modo per attraversare una zona unica che permetterebbe di visitare il cono eruttivo che secondo la ricostruzione storica si sarebbe formato intorno al 1030 d.C., con la fuoriuscita di una colata lavica che percorse circa dieci chilometri, fino al mare di Pozzillo. Il suo nome deriva dal leccio (Quercus Ilex), che abbonda nel territorio del monte. Il rilievo è all’interno del Parco Regionale dell’Etna, e lungo il suo dorso esposto a levante sorgono i vigneti. Oggi una teleferica artigianale raggiunge quasi la sommità del Monte, costruita per aiutare il lavoro degli operatori.
4 febbraio 2023 | 15:25
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